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La nuova battaglia ideologica tra l’impero russo e quello americano
di Bob
Permettetemi solo una piccola premessa. Per quanto riguarda l’ ideologia occidentale mi riferisco al partito democratico e all’area liberal americana, che sono quelle che influiscono maggiormente sull’Europa, mentre repubblicani e destra americana hanno una mentalità più lontana e una politica estera assai discontinua.
Cominciamo. Qualche giorno fa il presidente Biden ha detto che questa è una guerra tra la libertà e l’oscurantismo. Allora ho pensato: ben detto vecchio Joe, ti hanno trovato uno bravo a scriverti i discorsi! Questi due termini, libertà e oscurantismo, apparentemente banali, sono molto più azzeccati rispetto a quella lotta tra il bene e il male evocata a suo tempo da Ronald Reagan.
Vabbè che quello era stato attore nei film western e la sua ideologia era rimasta ferma lì….
Il tema delle ideologie è solo apparentemente secondario; questa guerra in Europa, la sua vicinanza e la copertura mediatica, la macchina della propaganda che va a pieno regime ci aiuta molto a capire le ideologie, cioè le credenze etiche, politiche, culturali in cui siamo quotidianamente immersi senza spesso rendercene conto. .
Vediamo allora la produzione e la battaglia ideologica dei due imperi in conflitto.
La Russia: dopo la vittoria sui tedeschi nel 1945 e fino agli anni ’80 del secolo scorso, era riuscita ad accompagnare una grande politica imperialista mondiale con la credenza di essere il grande centro del comunismo mondiale. Forse lo fu all’inizio con Lenin e la fondazione della Terza Interazionale, ma con Stalin quell’ideologia servì soprattutto come vettore dell’imperialismo russo.
Mai la Russia fu una grande potenza come quando si chiamava Unione Sovietica, e questo lo ricordano in modo nostalgico partiti e ideologi nazionalisti di estrema destra anche molto vicini a Putin. Quel regime totalitario non sarebbe certamente piaciuto a Marx e non piaceva nemmeno alla maggioranza degli alti dirigenti del Pci, che tuttavia lo sopportava per non subire una sicura scissione e ne riceveva comunque i finanziamenti.
Crollato l’impero sovietico, toccò a Putin ricomporre i cocci ereditati dall’ubriacone Eltsin, trovandosi per giunta circondato dalla Nato in Asia (con l’Afghanistan) e in Europa orientale con i paesi del patto di Varsavia passati al nemico storico. Rilanciò così una politica imperialista sanguinaria a oriente (Cecenia, Georgia ecc.). Ma rimettere insieme l’Unione Sovietica era impossibile: tra l’altro quell’impero era formato da una miriade di popoli e solo l’ateismo del regime sovietico aveva potuto appiattire le grandi diversità in campo religioso. A Putin sembrò invece un’impresa possibile ricostruire un impero che grosso modo avesse le dimensioni di quello zarista. Del resto, anche lui era diventato un autocrate, anche se non per diritto divino…Gli occorreva però nuova ideologia. E così ebbe un’improvvisa conversione: da ateo divenne un fervente ortodosso, e l’ideologia che utilizza tuttora è quella della Santa Russia, essendosi Mosca autoproclamata nei secoli scorsi la terza Roma (dopo Costantinopoli), con un’organizzazione religiosa autocefala, nazionalista e oscurantista (per l’appunto), dalla forte capacità di irradiazione nelle regioni limitrofe che non hanno praticamente mai conosciuto l’illuminismo. Putin si scelse anche come patriarca di Mosca e capo della chiesa russa un suo amico d’infanzia, Kirill (Cirillo in italiano).
Putin ha lanciato anche una strategia per indebolire l’occidente e dividere dall’interno la Nato e la Unione europea (organizzazione quest’ultima incapace di una propria politica estera comune e succube degli Stati uniti). Cominciò così a finanziare quei partiti populisti e sovranisti che sorgevano un po’ in tutti i paesi occidentali, trovando una popolazione sempre più euroscettica a causa soprattutto delle politiche neoliberiste e di austerità. Serviva però alla destra sovranista un’identità ideologica forte: ed ecco gli antichi legami identitari di sangue, lingua e terra, ricomparire sotto queste nuove bandiere. Ciò perché oltre ai soldi, la Russia trasmise loro qualcosa di simile alla sua versione ultrareazionaria della triade “Dio – Patria – Famiglia” che era proprio quella che ci voleva per le posizioni antiprogressiste dei populisti/sovranisti europei (Nigel Farage leader della Brexit, Orban, Salvini, Le Pen ecc.); riuscì a condizionare persino l’elezione di Trump nel 2016, come ha evidenziato l’inchiesta sul Russia-gate, anche tramite finanziamenti ai gruppi dell’ultradestra, gli stessi che poi fecero anche la famosa irruzione nel Campidoglio dopo la sconfitta del 2020. Ecco il motivo per cui negli Stati Uniti lo scontro tra democratici e repubblicani trumpiani ha assunto una durezza inedita.
Veniamo ora all’ideologia occidentale. L’occidente vuole apparire, se non proprio una società aperta (viste tutte le barriere all’ingresso poste di fronte ai flussi migratori) almeno permeabile e flessibile, data comunque la storicità di questi flussi e l’impossibilità di arrestarli. E così l’ideologia progressista dell’Occidente– con una società sempre più individualista dopo il ’68 e gli anni ’80 del secolo scorso – oltre a una maggior attenzione ai diritti delle minoranze etniche ha posto al centro i diritti civili e individuali: la condizione della donna, le battaglie lgbt … Tutti temi che nei programmi dei partiti storici di sinistra e progressisti hanno preso il posto dei diritti sociali, questioni fondamentali che però avevano perso la loro agibilità politica, perché al capitalismo neoliberista trionfante non servivano più: con la sconfitta dell’ideologia comunista e della sua concorrenza, le politiche riformiste, socialdemocratiche e keinesyane erano finite fuori gioco. Così i partiti della sinistra storica, abbracciato il nuovo verbo neoliberista, si sono trasformati in una specie di partiti radical-moderati di massa, o per meglio dire liberal utilizzando correttamente un termine americano. Se facciamo l’esempio del problema dei neri e delle minoranze razziali pensiamo subito al movimento Black Lives Matter, esploso durante la presidenza Trump e appoggiato dai democratici. Lo stesso per il movimento delle donne Me Too, che ha avuto grande risonanza anche a Hollywood, potente centro di irradiazione ideologica e di propaganda americana.
Dunque partiti di sinistra europei attenti ai diritti civili e individuali, ma assenti o dannosi sul piano dei diritti sociali. E infatti si sono modellati sull’esempio del partito democratico americano. Due esempi: il new Labour di Tony Blair e il Pd del kennediano Walter Veltroni, che ne copiò sia il nome che il modello di partito leggero.
Il patriarca di Mosca Cirillo ha benedetto la guerra in Ucraina con una frase solo apparentemente fuori luogo: “L’Europa è un grande gay pride”. Invece la contrapposizione ideologica tra i due imperi è proprio tra una visione “progressista” di una società aperta alle minoranze e alle libertà individuali e una neoreazionaria che ripropone una comunità chiusa, nazionalista, guidata da un leader forte, con una cellula costituita dalla famiglia tradizionale dove il ruolo della donna è quello di tornare in casa a fare figli per la patria (risolvendo così anche il problema demografico che affligge la stirpe suprematista bianca autoctona).
Ora possiamo comprendere meglio anche alcuni avvenimenti politici accaduti in Italia: Salvini che, segretario di un partito a rischio di paganesimo (ricordate i riti sul sacro fiume Po?), improvvisamente ha cominciato a baciare crocifissi e a tirar fuori rosari; la lunghissima vicenda della legge Cirinnà sulle unioni civili; lo scontro ancora irrisolto sullo ius soli. E possiamo capire anche Papa Bergoglio che, avendo fatto pure lui una scelta di campo, ha detto sulla questione dei gay: “chi sono io per giudicare?” (spiazzando anche parte dei suoi fedeli).
Ma andando a vedere cosa succede concretamente sotto l’ideologia dell’Occidente, da quando la politica ha abdicato dall’economia si sono ovviamente ridotte le differenze tra le varie forze politiche filoccidentali. E troviamo che molti lavoratori migranti vivono in un regime di semi-schiavitù. Che le donne sul lavoro hanno salari più bassi dei loro colleghi maschi e che subiscono maggiormente il problema disoccupazione. E che nel mondo del lavoro continuano le discriminazioni nei confronti di gay, transessuali ecc. e questo senza che nessuna forza politica se ne occupi veramente. Se l’ideologia oscurantista proveniente da Mosca ci fa orrore, quella dell’impero americano è fortemente ipocrita: è la retorica del Free World aggiornata a quei cambiamenti dei costumi e della composizione sociale avvenute negli ultimi decenni. Ma la libertà di fare e di essere ciò che si vuole è fortemente vincolata dalle possibilità economiche, che sono sempre più diseguali nel mondo neoliberista. Anche perchè il modello americano di welfare minimo, per le ragioni spiegate prima, ha vinto. Quindi sempre più spazio a sanità privata, istruzione privata, pensione privata ecc.
Per noi, che cerchiamo una società libera nella giustizia sociale, é come se fossimo degli eretici sopravvissuti alle inquisizioni. Oppure dei giacobini al tempo della Restaurazione. Sapremo resistere e costruire un mondo nuovo? A ciascuno di noi l’ardua sentenza.
Dialogo tra Succhiasangue e Crepafame di Carlo Cafiero
Questo dialogo, pubblicato da Carlo Cafiero nel suo Compendio del Capitale di Karl Marx, è stato letto durante la giornata del Primo Maggio 2022 a Imola.
Tra le pagine affascinanti di Carlo Cafiero, c’è un dialogo che mi ha sempre colpito.
Abbatte potentemente le barriere temporali dei secoli, e si mostra vivo, spaventosamente attuale e prezioso nella sua intensa eloquenza e semplicità.
I nomi, rivelatori, dei personaggi simboleggiano già tutto:
Crepafame e Succhiasangue.
Siamo a fine Ottocento ma se ci guardiamo intorno e riapriamo gli occhi, siamo in questi anni, qui, ora …:
“..È il giorno del mercato e tra la folla dei venditori e dei compratori scorgiamo un uomo che non esiteremo a riconoscere, un uomo conosciuto nel suo villaggio col nome di Crepafame. Egli non è qui venuto certamente per comprare; e quanto a vendere, non ha che le sue braccia.
Ecco un individuo di aspetto molto decente che gli si avvicina. Ah è il signor Succhiasangue, quel fallito che un’eredità ha testé salvato dalla miseria. Appressiamoci, e sentiamo un po’ di che si tratta.
Succhiasangue – Ehi brav’uomo, siete disposto ad impiegarvi?
Crepafame – Pronto al vostro servizio, signore.
Succhiasangue – Che prezzo volete per la vostra giornata?
Crepafame – Cinque franchi, signore.
Succhiasangue – Troppo, caro mio, ve ne offro tre.
Crepafame – Ma, signore, come si fa a vivere con tre franchi al giorno?
Succhiasangue – Potete vivere perfettamente. Il prezzo che vi offro è proprio quanto ci vuole per mantener voi e la vostra famiglia; questo è oggi l’esatto prezzo della forza lavoro che voi mi vendete, e voi non potete pretendere per la vostra merce più di quanto essa vale, più di quanto domandano gli altri. Io del resto, non sono uso a stiracchiare per defraudare la mercede all’operaio. Se volete venire per tre franchi è bene, altrimenti mi provvederò altrove.
Crepafame – Ma, signore, osservate che col mio lavoro io vi produrrò più di cinque franchi al
giorno.
Succhiasangue – Ah! Eccoci alle solite storie. Voialtri operai volete sempre immischiarvi nei fatti che non vi riguardano, nelle cose che non capite punto.
Che diritto avete voi di venire a vedere che uso farò io della vostra forza lavoro? Voi mi vendete la vostra merce, io ve la pago al suo giusto prezzo, e non avrò il diritto di farne l’uso che mi pare? Viene forse il droghiere a vedere che uso farò io dello zucchero e del pepe che ho comprato nella sua bottega? Sì, sì, io lucrerò sull’uso della vostra forza lavoro; ma quando vi lucrassi un milione voi non avreste niente a vederci. Oh bella! Ma credete ch’io voglia impiegarvi pei vostri begli occhi? Certamente che profitterò sull’uso della merce che compro da voi; è per questo appunto che voglio comprarla. Si sa che la forza di lavoro rende più di quanto costa; ed è appunto per ciò che il capitalista la cerca e che voi trovate il vostro posto nell’armonia degli interessi… Via chè vado io perdendo il tempo per spiegare a voi queste cose?… Se accettate bene, se no, cerco un altro.
Crepafame – Sì, accetto, signore. Ditemi dove devo recarmi e sono al vostro servizio.
Succhiasangue – Bene, seguitemi.
“L’uomo del denaro prende la precedenza, e, in qualità di capitalista, comincia per il primo; il
possessore della forza di lavoro gli tiene dietro come lavoratore che gli appartiene: quegli, dallo sguardo furbo e dall’aspetto altero ed affaccendato; questi, timido, esitante, restio, come chi, avendo portato la propria pelle al mercato, non può aspettarsi ormai che una cosa sola: essere conciato”(K.M., Il Capitale, Capitolo VI)
Tale è il prologo del nostro dramma. Passiamo ora al primo atto: la giornata di lavoro. Scorso un anno. Ci troviamo nell’opificio del signor Succhiasangue. Una grande quantità di operai sono occupati al lavoro: tutti in silenzio ed ordinati come se fossero tanti soldati. Né vi mancano sorveglianti ed ispettori che a guisa di ufficiali passeggiano fra i ranghi, tutto osservando, dando ordini, e sorvegliandone la fedele esecuzione. Del capitalista non se ne vede neppur l’ombra. Si apre una porta a vetri che mette nell’interno; forse sarà lui: vediamo. È un grave personaggio, ma non è il signor Succhiasangue. I sorveglianti gli si fanno premurosamente intorno, e ricevono con la massima attenzione i suoi ordini. Odesi il suono di un campanello elettrico; uno dei sorveglianti corre ad applicare il suo orecchio alla bocca di un tubo di metallo che dalla volta scende lungo il muro; e viene tosto ad annunziare al signor direttore che il padrone lo chiama presso di lui a conferenza.
Cerchiamo Crepafame nella folla degli operai; e finalmente ci viene atto trovarlo in un angolo, tutto dedito al lavoro. Egli è divenuto scarno e pallido in volto: sulla sua faccia si legge un profondo pensiero di tristezza. Un anno fa lo vedemmo sul mercato contrattare la sua forza di lavoro col signor Succhiasangue; quanto è grande oggi la distanza fra loro! Oggi è un operaio perduto nella folla dei molti che popolano l’opificio, e oppresso da una giornata di lavoro straordinariamente lunga; mentre il signor Succhiasangue, divenuto grosso capitalista, se ne sta come un dio nell’alto del suo Olimpo, da dove manda gli ordini al suo popolo attraverso una schiera d’intermediari …”
(Carlo Cafiero)
Intervento introduttivo del Primo Maggio 2022 a Imola
di Simona Spadaro
Il giorno del Primo Maggio è uno di quei momenti che echeggia in ogni animo libertario e diventa puntualmente fonte di riflessione e stimolo di condivisione di quel pensiero critico capace di varcare a testa alta la soglia tra il passato che fu ed il presente che ci circonda e che spesso ci attanaglia. Come si fa in un giorno come questo a non osservare criticamente i passi indietro che sono stati compiuti ed attualmente si stanno compiendo, sul cammino delle conquiste sociali nel lavoro?
In occasione di questa giornata c’è chi si interroga su ciò che rappresenta lo stesso concetto di “lavoro” e su quello che oggi è diventato, attraverso la presa di coscienza del vissuto delle esperienze individuali, e delle innumerevoli testimonianze di precarietà e sfruttamento, e la lunghissima casistica di cronaca nera delle morti bianche che appesantiscono questo scenario sporco ed opaco del mondo del lavoro di oggi.
Occorre cercare la forza emancipatoria, ciò che realizza la persona e la rende autosufficiente per poter pensare al lavoro in termini positivi, cosa difficilissima nel mondo reale, in cui da decenni oltre a sfruttamento, disoccupazione e precarietà, abbiamo visto uomini oltrepassare le frontiere per continuare a vivere, scappare dalle loro terre devastate dal potere delle multinazionali, uomini che per inseguire il sogno di raggiungere la propria libertà, la propria autosufficienza spesso sono finiti in mare. Ma non sono solo le spinte devastatrici dell’economia di mercato delle società avanzate a decretare queste fughe e queste morti, perché è sotto gli occhi di tutti che oltre alla globalizzazione, il capitalismo si nutre di guerre! Storie di uomini che scappano dalle loro case, dalle loro vite, dalle loro terre per raggiungere la pace ed un futuro in cui rifugiarsi, sono all’ordine del giorno, e ancor di più in questo contesto di guerra invocata ed acclamata da governi come il nostro.
Come libertari ci sentiamo vicini alle popolazioni civili vittime di tutte le guerre, rifiutandoci però di idealizzare gli stati ed i loro rappresentanti, condanniamo ogni retorica nazionalistica o patriottica, nemmeno quando questi si travestono da “benefattori”. La solidarietà deve passare attraverso l’internazionalismo perché l’amor di patria ha già ammazzato tutti troppe volte nella storia. Invece siamo ancora qui a dover ascoltare la favola dei buoni e dei cattivi raccontata dai governanti.
Nella nostra nazione in tempi di covid- tempi recenti- le fabbriche delle armi non sono mai state chiuse, la produzione delle loro merci era considerata bene essenziale. Dopo due anni da allora, gli stessi che hanno deciso cos’ era essenziale e cosa non lo era, sono quelli dai facili entusiasmi battaglieri del conflitto propagandato in tv, accanto ai cosiddetti “pacifisti con l’elmetto” ed altre squallide figure. Intanto il carovita opprime / lavoratori e non/ degli stati democratici e vivere diventa sempre più arduo per un’umanità alla deriva delle catastrofi. In una giornata di libertà come quella del Primo Maggio vogliamo esprimere la nostra solidarietà a chi lotta e rifiuta le dinamiche del potere, delle guerre e del capitalismo! Vorrei ricordare lo splendido gesto di disobbedienza dei lavoratori portuali di Genova ed aereo-portuali di Pisa che si sono rifiutati di caricare le armi sulle navi. La coscienza e la consapevolezza di queste persone è un segnale fortissimo di salvezza e dignità.
Ritornando al Primo Maggio, sembra sempre più difficile comunicare alle masse – vittime dell’oblio, del consumismo, dei mass media e dei luoghi comuni- cosa veramente rappresenta questa giornata. Il senso emancipatorio del Primo Maggio svanisce totalmente se non si conosce la storia e non la si difende da chi vuole orwellianamente riscriverla o cancellarla.
La storia del Primo Maggio riaffiora ostinatamente nella memoria libertaria delle lotte sociali e più precisamente nel ricordo degli Anarchici di Chicago e delle tormentate vicende del maggio 1886; quando si cominciava a scioperare per “ 8 ore di lavoro, 8 ore di svago e 8 ore per dormire”. A quei tempi ci si riunì in nella piazza di Haymarket, per appoggiare la rivolta dei lavoratori in sciopero, quando una bomba fu lanciata su un gruppo di agenti, provocando la morte di un poliziotto. Ingiustamente sbrigarono l’accusa condannando a morte otto lavoratori anarchici di cui troppo tardi fu riconosciuta l’innocenza, tanto da esser ricordati come “i martiri di Chicago” nelle pagine insanguinate della storia internazionale. Durante gli anni successivi, in vari paesi nel giorno del Primo Maggio si scelse di commemorare questo ricordo per preservare e difendere i lavoratori di tutto il mondo contro l’arroganza del padronato; nel 1891 fu poi proclamato il Primo Maggio: Festa dei lavoratori, dalla Seconda Internazionale.
Le ingiustizie senza tempo che hanno condannato al patibolo anarchici innocenti, con il conseguente etichettamento sociale del capro espiatorio sono macigni pesantissimi, troppo spesso ricorrenti nella storia dell’umanità (i martiri di Chicago, Sacco e Vanzetti in quella stessa città: Chicago, Giuseppe Pinelli, Sole e Baleno e quanti altri ancora, anarchici vittime innocenti).
Riecheggiano eternamente oggi, dai secoli che furono, le parole che pronunciò davanti al patibolo Augusto Spies, uno degli anarchici innocenti condannato a morte nella Chicago di fine Ottocento: “Verrà il giorno in cui il silenzio sarà più potente delle voci che ora spezzate!” E’ questa, senza nulla da aggiungere l’essenza storica incancellabile del Primo Maggio, giornata di lotta e di rabbia che voglia restare fedele a sé stessa.
Anarkogas: ogni lunedì a Imola distribuzione prodotti contadini
Primo maggio anarchico 2022 a Imola
Primo maggio anarchico 2022 a Imola.
Alle ore 10.30 appuntamento in Piazzale Giovanni Dalle Bande Nere a Imola sul prato della Rocca Sforzesca. Sono previsti interventi dei compagni anarchici imolesi. Il microfono è aperto per chiunque voglia intervenire.
Sarà presente un banchetto della distribuzione della stampa ed editoria libertaria.
Si prosegue verso le 13.30/14.00 con pranzo collettivo al Podere Pradella a Fontanelice in via Madonna del Rio n°9 dai compagni Francesca e Luca.
Ognuno porti qualcosa da mangiare. Ci sarà possibilità di uso del barbecue. Noi garantiamo pane e vino.
Assemblea degli anarchici imolesi
Conversazioni sul partigiano Del Boca con Wu Ming 1
Angelo Del Boca, Viaggio nella luna
Conversazione con Wu Ming 1
Viaggio nella luna (La Mandragora 2011) è uno dei primi scritti di Angelo Del Boca (1925-2021), che racconta la sua vicenda da partigiano. Stampato nel 1955, finalista nel 1956 al Premio Strega, è ristampato nel 2011 dalla casa editrice Mandragora, per una scelta precisa dell’autore che riteneva che fosse uno dei suoi scritti migliori, se non il migliore.
Conversazione con Wu Ming 1, con la presenza della prof.ssa Alessandra Del Boca. Introduce Giacomo Gambi (assessore alla Cultura).
- martedì 26 aprile 2022, ore 17.00
In collaborazione con ASFAI Archivio Storico della Fai.
Ingresso secondo normative anticovid.
Informazioni e prenotazione 0542/602619-602655 o APP IO PRENOTO
Bim Biblioteca comunale di Imola, Via Emilia 80, 40026 Imola (BO)
Mobilitiamoci contro la Guerra – sabato 12 marzo a Imola
Non esistono guerre giuste, non esistono poteri buoni
Alla radice della criminale invasione russa in Ucraina c’è il folle progetto imperialista dello Stato russo che vuole, come ha più volte fatto, sottomettere e controllare nazioni e popoli confinanti per ricostruire la Grande Russia di memoria zarista. Inevitabilmente il popolo ucraino ha dovuto decidere di resistere con ogni mezzo all’invasione e alla distruzione delle sue città, della sua autonomia, della sua libertà. Con ogni mezzo, e quindi, anche con la resistenza armata di un popolo invaso contro un esercito invasore.
Che alla base di questa decisione “obbligata” ci sia anche una componente di spirito nazionalista è inevitabile, perché è inevitabile che un popolo aggredito pensi di trovare la forza per resistere anche appellandosi ai concetti di nazione e patria. Concetti che, secondo noi, non dovrebbero trovare alcuna giustificazione ma che, purtroppo, si fanno ampiamente strada anche fra chi era riuscito a restarne immune.
In tutto questo, altrettanto inevitabilmente, si insinuano gli interessi geopolitici, economici e finanziari dei potentati occidentali, ai quali non sembra vero poter intervenire senza scrupoli grazie alla criminale iniziativa del contendente russo. Questi interessi scellerati sono parte strutturale dell’attuale sistema che governa il globo; un sistema che si basa sullo sfruttamento selvaggio e distruttivo del pianeta, dei suoi abitanti vegetali, animali, umani sulla sopraffazione indiscriminata di molti a vantaggio di pochi, siano essi Stati, multinazionali, corporazioni o singoli individui.
Dobbiamo pretendere e costruire un nuovo sistema economico e sociale fondato sulla cooperazione e sulla convivenza pacifica tra popoli, sulla gestione orizzontale e dal basso dei bisogni e delle aspirazioni.
Da una parte si arresta chi osa scendere in piazza contro la guerra che è proibito anche solo nominare, dall’altra vediamo i civili ucraini costretti a prendere le armi per combattere, spinti anche dall’irresponsabile propaganda del proprio governo.
10, 100, 1000 obbiettori e disertori!
Dobbiamo sabotare, se possibile, i tentativi di militarizzare il dibattito e con esso le menti e l’intera società. Dobbiamo pretendere il ritiro di tutte le missioni italiane all’estero e la drastica riduzione delle spese militari perché la sicurezza si costruisce con la sanità pubblica slegata dal profitto, con l’educazione all’autodeterminazione, con reddito ed abitazioni per tutti e non con la corsa al riarmo, che non può far altro che scatenare, prima o poi, altri disastri. Dobbiamo ribellarci a quell’1% che condizione le vite delle moltitudini, con scelte scellerate di potere e interesse.
Noi siamo il 99% ed abbiamo il diritto e il dovere di opporci alla barbarie.
Esprimiamo orrore per le migliaia di morti, sgomento per le distruzioni materiali. Pretendiamo il cessate il fuoco immediato, il ritiro dell’esercito russo, corridoi umanitari sicuri per i civili. Siamo vicini agli oppressi che si battono per difendere la loro libertà. Come siamo stati vicini al popolo vietnamita, al popolo cileno, ai curdi… E non possiamo dimenticare la nostra fattiva solidarietà ai rivoluzionari spagnoli e ai combattenti che impugnarono le armi per liberarci dal nazifascismo.
La nostra vicinanza, dunque, va non solo a chi è costretto a combattere per la propria vita e libertà, ai milioni di profughi di guerra, agli sfollati, ai quali andrà garantita una accoglienza dignitosa a prescindere dal colore della pelle, ma anche a tutti i russi che si oppongono alla guerra e subiscono la durissima repressione del proprio governo e gli effetti delle sanzioni economiche, a tutti gli europei che si oppongono alla guerra e che a loro volta subiranno i contraccolpi economici di questa situazione (innalzamento del prezzo delle materie prime, dell’energia, peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro per milioni di persone).
Siamo solidali con tutti coloro, civili o militari, che troveranno il coraggio di operare perché le armi tacciano.
Dobbiamo disertare questa guerra come tutte le altre sparse per il mondo. Nessuna guerra è necessaria per mantenere la pace. Dobbiamo lottare contro ogni forma di imperialismo, questo criminale anacronismo che avvelena il vivere civile.
ASSEMBLEA DEGLI ANARCHICI IMOLESI