Intervento introduttivo del Primo Maggio 2022 a Imola

di Simona Spadaro

Il giorno del Primo Maggio è uno di quei momenti che echeggia in ogni animo libertario e diventa puntualmente fonte di riflessione e stimolo di condivisione di quel pensiero critico capace di varcare a testa alta la soglia tra il passato che fu ed il presente che ci circonda e che spesso ci attanaglia. Come si fa in un giorno come questo a non osservare criticamente i passi indietro che sono stati compiuti ed attualmente si stanno compiendo, sul cammino delle conquiste sociali nel lavoro?

In occasione di questa giornata c’è chi si interroga su ciò che rappresenta lo stesso concetto di “lavoro” e su quello che oggi è diventato, attraverso la presa di coscienza del vissuto delle esperienze individuali, e delle innumerevoli testimonianze di precarietà e sfruttamento, e la lunghissima casistica di cronaca nera delle morti bianche che appesantiscono questo scenario sporco ed opaco del mondo del lavoro di oggi.

Occorre cercare la forza emancipatoria, ciò che realizza la persona e la rende autosufficiente per poter pensare al lavoro in termini positivi, cosa difficilissima nel mondo reale, in cui da decenni oltre a sfruttamento, disoccupazione e precarietà, abbiamo visto uomini oltrepassare le frontiere per continuare a vivere, scappare dalle loro terre devastate dal potere delle multinazionali, uomini che per inseguire il sogno di raggiungere la propria libertà, la propria autosufficienza spesso sono finiti in mare. Ma non sono solo le spinte devastatrici dell’economia di mercato delle società avanzate a decretare queste fughe e queste morti, perché è sotto gli occhi di tutti che oltre alla globalizzazione, il capitalismo si nutre di guerre! Storie di uomini che scappano dalle loro case, dalle loro vite, dalle loro terre per raggiungere la pace ed un futuro in cui rifugiarsi, sono all’ordine del giorno, e ancor di più in questo contesto di guerra invocata ed acclamata da governi come il nostro.

Come libertari ci sentiamo vicini alle popolazioni civili vittime di tutte le guerre, rifiutandoci però di idealizzare gli stati ed i loro rappresentanti, condanniamo ogni retorica nazionalistica o patriottica, nemmeno quando questi si travestono da “benefattori”. La solidarietà deve passare attraverso l’internazionalismo perché l’amor di patria ha già ammazzato tutti troppe volte nella storia. Invece siamo ancora qui a dover ascoltare la favola dei buoni e dei cattivi raccontata dai governanti.

Nella nostra nazione in tempi di covid- tempi recenti- le fabbriche delle armi non sono mai state chiuse, la produzione delle loro merci era considerata bene essenziale. Dopo due anni da allora, gli stessi che hanno deciso cos’ era essenziale e cosa non lo era, sono quelli dai facili entusiasmi battaglieri del conflitto propagandato in tv, accanto ai cosiddetti “pacifisti con l’elmetto” ed altre squallide figure. Intanto il carovita opprime / lavoratori e non/ degli stati democratici e vivere diventa sempre più arduo per un’umanità alla deriva delle catastrofi. In una giornata di libertà come quella del Primo Maggio vogliamo esprimere la nostra solidarietà a chi lotta e rifiuta le dinamiche del potere, delle guerre e del capitalismo! Vorrei ricordare lo splendido gesto di disobbedienza dei lavoratori portuali di Genova ed aereo-portuali di Pisa che si sono rifiutati di caricare le armi sulle navi. La coscienza e la consapevolezza di queste persone è un segnale fortissimo di salvezza e dignità.

Ritornando al Primo Maggio, sembra sempre più difficile comunicare alle masse – vittime dell’oblio, del consumismo, dei mass media e dei luoghi comuni- cosa veramente rappresenta questa giornata. Il senso emancipatorio del Primo Maggio svanisce totalmente se non si conosce la storia e non la si difende da chi vuole orwellianamente riscriverla o cancellarla.

La storia del Primo Maggio riaffiora ostinatamente nella memoria libertaria delle lotte sociali e più precisamente nel ricordo degli Anarchici di Chicago e delle tormentate vicende del maggio 1886; quando si cominciava a scioperare per “ 8 ore di lavoro, 8 ore di svago e 8 ore per dormire”. A quei tempi ci si riunì in nella piazza di Haymarket, per appoggiare la rivolta dei lavoratori in sciopero, quando una bomba fu lanciata su un gruppo di agenti, provocando la morte di un poliziotto. Ingiustamente sbrigarono l’accusa condannando a morte otto lavoratori anarchici di cui troppo tardi fu riconosciuta l’innocenza, tanto da esser ricordati come “i martiri di Chicago” nelle pagine insanguinate della storia internazionale. Durante gli anni successivi, in vari paesi nel giorno del Primo Maggio si scelse di commemorare questo ricordo per preservare e difendere i lavoratori di tutto il mondo contro l’arroganza del padronato; nel 1891 fu poi proclamato il Primo Maggio: Festa dei lavoratori, dalla Seconda Internazionale.

Le ingiustizie senza tempo che hanno condannato al patibolo anarchici innocenti, con il conseguente etichettamento sociale del capro espiatorio sono macigni pesantissimi, troppo spesso ricorrenti nella storia dell’umanità (i martiri di Chicago, Sacco e Vanzetti in quella stessa città: Chicago, Giuseppe Pinelli, Sole e Baleno e quanti altri ancora, anarchici vittime innocenti).

Riecheggiano eternamente oggi, dai secoli che furono, le parole che pronunciò davanti al patibolo Augusto Spies, uno degli anarchici innocenti condannato a morte nella Chicago di fine Ottocento: “Verrà il giorno in cui il silenzio sarà più potente delle voci che ora spezzate!” E’ questa, senza nulla da aggiungere l’essenza storica incancellabile del Primo Maggio, giornata di lotta e di rabbia che voglia restare fedele a sé stessa.

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